Life

Aborto terapeutico: un dolore che non passa

Era il 2017, dopo 3 anni di cure finalmente tramite FIVET sono rimasta incinta. Al terzo mese abbiamo scoperto che il feto era malato (trisomia 21), molto strano visto che io ero giovane ma quasi certo. Ho aspettato quasi un mese prima di poter fare l’amniocentesi e in quel mese ho pianto tutto le mie lacrime e dato testate e pugni ai muri. Continuavo a chiedermi “perché” come se ci potesse essere una risposta ad una domanda tanto idiota, tanto inutile!

Insieme a mio marito abbiamo parlato e pianto tanto e ogni volta lui mi diceva che la scelta era mia e che lui avrebbe accettato tutto e mi sarebbe stato vicino. La scelta era mia, lo sapevo, eppure per una volta non volevo essere io a scegliere… Avrei voluto che il fato, il destino, Dio o qualunque altra cosa più grande di me facesse questa scelta.

Sì, lo avrei voluto pur sapendo che non era giusto… Pur sapendo che dentro di me dovevo decidere, perché quella decisione me la sarei portata con me per tutta la vita.
Ho fatto l’amniocentesi e anche se non l’avevo detto ad alta voce sapevo già quale sarebbe stata la mia scelta.
Quando sono arrivati i risultati l’ospedale ha chiamato mio marito (non ho mai capito il perché) e siamo andati insieme a mettere nero su bianco la nostra scelta. Ricordo lo studio in cui ci hanno fatto sedere, le parole del medico e tutte quelle carte che ho dovuto firmare. Io, solo io, come per ribadire e ricordarmi che la scelta in realtà era mia e avevo semplicemente la fortuna di avere qualcuno al fianco che mi sosteneva

Mi hanno mandato casa con delle pillole da prendere e sarei dovuta rientrare in ospedale il giorno dopo. Quella notta ho iniziato ad avere delle perdite di sangue e insieme a quello quegli attacchi di panico che mi avrebbero accompagnata per parecchi anni dopo!

Il feto era già 11 cm quindi avrei dovuto “partorire”… ma secondo loro avrei fatto tutto nel giro di una mattinata. Quella parola, partorire, mi faceva paura. Avevo aspettato tanto e ora l’avrei dovuto fare nel modo peggiore possibile. “Durerà poco”. “Faremo in modo che non senta dolore”. “Non deve soffrire”. Queste le parole dei medici, nessuno che mi chiedeva quanto stesse soffrendo il mio cuore!

Sono rimasta chiusa in quel reparto, in una stanzina singola che affacciava sul nido, dove entravano e uscivano donne con i loro bimbi appena nati, ad aspettare che le contrazioni si decidessero a partire ma niente. Dopo 3 giorni hanno deciso che non potevano darmi più niente, mi hanno portato in sala parto e hanno cercato di fare uscire in tutti i modi quel feto che pur ormai senza vita non voleva staccarci dal mio corpo mentre io perdevo litri di sangue e i sensi. Andavo avanti tra adrenalina e svenimenti, con mio marito a fianco a me bianco cadaverico e la sensazione che stavo per morire.

Mi vedevo dall’alto, vedevo medici e ostetriche che si scambiavano sguardi e parole preoccupati. Cercavano di non farci capire la gravità della situazione, ma era talmente tanto evidente che i loro erano sforzi vani. In quel momento mi sono vista morire… Sapevo che sarebbe finita così e avevo una grande paura!

Alla fine una ginecologa che si è presentata come esperta in IGV ha deciso di addormentarmi e portarmi in sala operatoria. Ho salutato mio marito sicura che non l’avrei più visto… Ho visto ostetriche correre e un dottore che mi aveva seguito fino a quel momento dire “io rimango fuori perché sono obiettore ma se c’è bisogno chiamatemi”. Ho pregato un ragazzo, infermiere credo, di svegliarmi… Una preghiera stupida, assurda, gli ho chiesto una promessa che non avrebbe mai potuto farmi e solo dopo mi sono sentita in colpa di quelle parole.

Poi dopo ore e 4 sacche di sangue mi sono svegliata. Non so bene cosa è successo e come hanno fatto a farlo uscire, so solo che non era mai capitato una cosa del genere e che alla fine mi hanno salvato la vita.
È stata un’esperienza traumatica, è vero, ma non ho mai avuto la sensazione di essere giudicata o trattata male per quella mia decisione anzi tutti si sono resi conto che stava andando tutto a rotoli e tutti hanno fatto il possibile per salvarmi, compresa una OSS che ha deciso di rimanere lì a pulire il mio sangue nonostante fosse finito il suo turno.

Sono rimasta in ospedale altri giorni, sempre in quella stanzetta, al chiuso per cercare di non sentire il pianto dei neonati. Ho rischiato di morire, ho avuto paura e ho sofferto fisicamente e psicologicamente. Quel dolore è rimasto ma non ho mai pensato di aver fatto la scelta sbagliata. MAI. E anche se il mio cuore ancora oggi a pensarci da male, so che era la scelta giusta.

Per tutti quelli che pensano che si fa presto a fare certe scelte, per tutti quelli che giudicano, per tutti quelli che vorrebbero scegliere al posto delle donne che sono lì… Ecco forse tutte quelle persone dovrebbero passare anche solo una piccola parte di quello che ho passato io e che passano centinaia, migliaia di donne ogni giorno. E sì anche gli uomini, perché il viso contratto dal panico di mio marito non lo dimenticherò mai e anche se non ne ha mai parlato so che anche il suo dolore c’è e rimarrà lì in sordina per sempre.

Ho passato un’esperienza traumatica, tragica e che per fortuna non capita quasi mai… Sono stata forse più sfortunata di altre eppure sono stata seguita e mai giudicata…
Forse ogni tanto l’umanità c’è anche in queste situazioni.

Life

Decidere di farsi un tatuaggio: io ho scelto così

Avete presente quando si infiltra un pensiero nella mente e inizia a penetrare dentro sempre più, sempre più? Un tarlo insomma! Ecco quando mi capita una cosa è certa… Non finirà di pulsare finché non sarà fatto.
A me capita praticamente sempre… con tutto quello che ho fatto nella mia vita: un viaggio, il figlio (vedi qui), un tatuaggio (e poi anche 2…).

Il tatuaggio è stato proprio un tarlo… quando ero ragazza dicevo sempre che avrei fatto un tatuaggio il giorno che ci sarebbe stato un vero cambiamento nella mia vita. In realtà identificavo quel cambiamento con la fine di una lunga storia d’amore…
Poi la storia è finita, ne è iniziata un’altra, mi sono sposata, ho preso un cane e di cambiamenti ne sono successi tanti ma al tatuaggio non ci pensavo più…

Poi un giorno, eccolo lì il pensiero che si insinua… e ho iniziato a cercare delle immagini su Pinterst (una vera droga per me!).
Ogni sera prima di andare a dormire… ecco che mi riguardo la mia collezione di immagini trovate. 
Poi cerco il profilo ig della tatuatrice del mio paese (sempre di sera, a letto).

E alla fine la contatto… le dico di non essere ancora del tutto convinta, ma non ci credo realmente, e secondo me non ci crede neanche lei.
Decidere di farsi un tatuaggio è una scelta di coraggio, così ho letto da qualche parte. Perché sei obbligato a convivere con la tua scelta e a vederla ogni giorno della tua vita, sulla tua pelle.
Altri dicono che i tatuaggi vanno fatti dove non si vedono, perché sennò poi rischi di stancarti…
In realtà mi piace la prima frase… mi piace perché credo sia davvero così. Anche se nel mio caso le decisioni sembrano tutte frutto di impulsività, io non mi sono mai pentita…
Quando è arrivato il disegno del mio primo tatuaggio ero emozionata, in realtà anche quando è arrivato il secondo disegno… e soprattutto ero convinta!

Talmente tanto convinta che 10 giorni dopo era lì, sulla mia pelle!

Ogni tatuaggio deve avere un significato… su questo ne sono sicura. Deve rappresentare un po’ di te, della tua vita, un momento particolare, un sogno avverato, un nuova vita che nasce o una che se ne va, la tua vita che riparte da zero, l’unione, la separazione, una passione, un ricordo…

Nella mia bacheca pinterest ci sono simboli di forza, di coraggio, di rinascita, di amore e famiglia.

Un tatuaggio è per sempre e decidere di farlo è una scelta con cui convivere.

Ho scelto praticamente di notte, quando il sonno non arriva… eppure quel pensiero che pian piano si insinua nella mente, che ora è tornato a farmi compagnia, è un bel compagno!

La prima volta ho scelto la famiglia, ora scelgo me… la mia rinascita!
Il fatto che questo nuovo tatuaggio praticamente coincida anche con questo nuovo blog potrebbe essere una coincidenza… mmm non credo!
Cosa mi sta dicendo la mia vita?

Life

Perché ho deciso di smettere di allattare

Inizio da qui a scrivere e non dall’inizio… perché sono stanca di leggere che l’allattamento è una cosa meravigliosa e che bisogna allattare fino a 4 – 5- 6 anni ed è tutto normale. Sicuramente allattare è del tutto naturale, ma questo non vuol dire che chi non allatta deve sentirsi una mamma sbagliata e sentirsi in colpa. Io ho allattato mio figlio per 5 mesi, poi non ce l’ho più fatta! Perchè?

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